Example: biology

PIANI DI ZONA in Lombardia - agesol.it

PIANI DI ZONA in Lombardia L esperienza della prima triennalit e l avvio della seconda stagione dei PIANI PIANI DI ZONA in Lombardia L esperienza della prima triennalit e l avvio della seconda stagione dei PIANI PIANI DI ZONA LA RIFORMA DEL WELFARE LOMBARDO Risposta ai bisogni della comunit Con questa pubblicazione l Assessorato alla Famiglia e Solida riet Sociale presenta gli esiti del pro cesso di attuazione della prima trien nalit dei 98 PIANI di Zona, realizzato in coerenza con il principio di sussi diariet che, per Regione Lombardia , costituisce il fulcro di ogni azione po litica e amministrativa.

PIANI DI ZONA Risposta ai bisogni LA RIFORMA DEL WELFARE LOMBARDO della comunità Con questa pubblicazione l’Assessorato alla Famiglia e Solida­ rietà Sociale presenta gli esiti del pro­

Tags:

  Apinis

Information

Domain:

Source:

Link to this page:

Please notify us if you found a problem with this document:

Other abuse

Transcription of PIANI DI ZONA in Lombardia - agesol.it

1 PIANI DI ZONA in Lombardia L esperienza della prima triennalit e l avvio della seconda stagione dei PIANI PIANI DI ZONA in Lombardia L esperienza della prima triennalit e l avvio della seconda stagione dei PIANI PIANI DI ZONA LA RIFORMA DEL WELFARE LOMBARDO Risposta ai bisogni della comunit Con questa pubblicazione l Assessorato alla Famiglia e Solida riet Sociale presenta gli esiti del pro cesso di attuazione della prima trien nalit dei 98 PIANI di Zona, realizzato in coerenza con il principio di sussi diariet che, per Regione Lombardia , costituisce il fulcro di ogni azione po litica e amministrativa.

2 Il modello di welfare lombardo nasce e si sviluppa a partire da una precisa visione della vita sociale che afferma e persegue il primato della persona e delle formazioni sociali sullo Stato. In particolare, nell ultimo decen nio, la prospettiva della Regione ve de nella libert di scelta dei cittadini il metodo e il valore che permette di avere un sistema pi equo, pi sod disfacente, pi sostenibile e nella li bert d azione lo strumento perch la famiglia, il Terzo Settore, il privato siano elementi attivi del sistema lom bardo. Soprattutto nella realizzazione dei servizi alla persona sono state pri vilegiate le iniziative dei cittadini e dei corpi intermedi che ne sono espressione; i bisogni evolvono con tinuamente e le risposte, di conse guenza, non sono immaginabili e de finibili a priori.

3 Occorre perci co struire un sistema flessibile, capace di cogliere il nuovo e di adattarsi ai ra pidi cambiamenti che caratterizzano la nostra societ . questa l impostazione ideale, prima che politica, che stata messa in primissimo piano nei nostri pro grammi favorendo, il pi largamente possibile, come criterio guida di tutto il sistema dei servizi, la libert di scel ta della persona e delle famiglie. 4 PIANI DI ZONA In questo quadro, prioritario dare prospettiva al sistema del welfa re come condizione di sviluppo e so-no stati definiti processi di partecipa zione allargata in cui gli interventi progettati dovranno realizzarsi secon do una politica di costante condivi sione con gli attori locali.

4 I PIANI di Zona certamente rap presentano lo strumento strategico del governo del sistema locale dei Servizi Sociali e riconoscono il ruolo del privato sociale come elemento portante, sancendo il principio della democrazia partecipata come chiave di volta delle politiche sociali della comunit locale. Il processo di attuazione della L. 328/00 ha dunque sviluppato oppor tunit di crescita e spazi di libert , at traverso cui anche le organizzazioni del Terzo Settore hanno espresso la propria capacit di operare per con tribuire allo sviluppo delle comunit di riferimento.

5 La rete utilizza strumenti innova tivi, come i Buoni e i Voucher socia li, adatti a produrre risposte persona lizzate e flessibili alle esigenze delle persone e delle famiglie. Un sistema rivolto alla persona, e quindi al contesto di legami e rela zioni (familiari, di vicinato, comunita rie) che ne caratterizzano l identit , non pu prescindere dallo sviluppa re strategie e strumenti volti a valo rizzare le capacit di organizzazione e di autosoddisfacimento che tale contesto in grado d esprimere; oc corre partire dal riconoscimento, dal-la valorizzazione e dal sostegno delle capacit della comunit di prendesi cura delle fragilit.

6 L Assessorato oggi impegnato nel dare attuazione alla seconda sta gione dei PIANI di zona; le priorit programmatiche riguardano il rilan cio del ruolo della famiglia, lo svilup po della coesione sociale nei quartie ri e nelle comunit locali, l ulteriore riconoscimento del ruolo del Terzo Settore. Colgo l occasione per ringraziare gli Uffici di Piano e le Direzioni so ciali delle Asl per il prezioso contri buto a questa pubblicazione, segno di una proficua collaborazione e di un cammino condiviso. Gian Carlo Abelli Assessore alle Famiglia e Solidariet Sociale 5 PIANI DI ZONA PIANI DI ZONA IN Lombardia Come, dovee quando La L.

7 328/00 in Lombardia si innesta su uno scenario normativo e di espe rienze maturare nell ambito dei servizi sociali e socio-sanitari forte e consolida to. La Regione Lombardia ha infatti av viato fin dall inizio degli Anni 80 la co struzione di un proprio sistema sociale e sociosanitario, che trova le sue radici nella legge 1/1986 Riorganizzazione e programmazione di servizi socio-assi stenziali della Regione Lombardia e nel Piano Regionale Socio Assistenziale per il triennio 1988-1990. In tali atti la Regione gi individua va le funzioni da svolgere obbligatoria mente a livello di Comuni associati, at traverso l Ente Responsabile dei Servizi di Zona (l allora USSL) e contempora neamente stabiliva che ai comuni singo li venisse lasciata la gestione dei servizi privi di complessit tecnico-gestionale: un modello di governance quindi gi orientato alla programmazione associa ta e all integrazione tra politiche sociali e politiche sanitarie, attraverso processi di delega dei Comuni alle allora USSL.

8 Il legislatore regionale esprimeva gi al lora una particolare attenzione al pro blema dei piccoli comuni lombardi, le cui limitate dimensioni non avrebbero agevolato la gestione dei servizi secon do criteri di economicit ed efficienza. Un quadro, questo, destinato co munque a modificarsi nel corso degli Anni 90 sotto la spinta della normativa nazionale: da un lato la legge 142/90 sull Ordinamento delle Autonomie Locali, la legge 241/90 e le varie leggi Bassanini degli anni 96-97, con le quali veniva riconosciuta al Comune la cen tralit assoluta e la piena autonomia nel la gestione amministrativa del proprio territorio.

9 Dall altro lato, sul fronte sanit , un nuovo assetto del Servizio Sanitario attraverso i Decreti Legislativi 502/92 e 517/93, che hanno caratterizzato la tra sformazione delle Usl in ASL, concepite come enti strumentali della Regione. In questo contesto nazionale, la Regione Lombardia ha emanato la Legge Regionale 31/97 Norme per il riordino del servizio sanitario regionale e sua in tegrazione con le attivit dei servizi so ciali con cui ha inizio il percorso di ri 6 PIANI DI ZONA definizione del ruolo delle ASL: un ruolo di sempre maggiore impatto sul piano organizzativo e una presenza sempre pi significativa a livello di governance.

10 Ed sempre in questo scenario che si inseri sce anche l altro tassello del quadro nor mativo regionale ante L. 328/00: la 1/2000 Riordino del sistema delle auto nomie locali in Lombardia . dunque in questo ricco e articola to quadro che si introduce la L. 328/00, la Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali : la prima legge nazionale di ri forma del welfare che ha l obiettivo di garantire alle persone e alle famiglie un sistema integrato di servizi sociali, quali t della vita e pari opportunit , al fine di prevenire, eliminare o ridurre le condi zioni di disabilit , bisogno, disagio, diffi colt sociali, mancanza di autonomia.


Related search queries