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IL RAPPORTO DI LAVORO DEL MEDICO DIPENDENTE TRA …

IL RAPPORTO DI LAVORO DEL MEDICO DIPENDENTE TRA AUTONOMIA E SUBORDINAZIONEdi Maurizio Campagna (1)La qualificazione di un RAPPORTO di LAVORO implica, spesso, un notevole sforzo interpretativo: al vaglio della giurisprudenza, infatti, giungono, sempre pi numerosi, casi concreti riconducibili nella zona grigia compresa tra autonomia e , invece, importante definire con certezza la natura di un RAPPORTO per evitare che le ampie tutele connesse al LAVORO subordinato (ferie, orario di LAVORO , disciplina previdenziale, licenziamenti ) siano estese acriticamente a tutti i lavoratori, anche, quindi, a coloro che non versano nella condizione di debolezza di un prestatore realmente i casi di difficile interpretazione pi ampiamente discussi, si consideri, ad esempio, quello dei medici di medicina generale: questi professionisti esercitano la loro professione in studi medici privati e gestiscono autonomamente molti aspetti della loro prestazione di LAVORO .

IL RAPPORTO DI LAVORO DEL MEDICO DIPENDENTE TRA AUTONOMIA E SUBORDINAZIONE di Maurizio Campagna (1) La qualificazione di un rapporto di lavoro implica, spesso, un notevole sforzo

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1 IL RAPPORTO DI LAVORO DEL MEDICO DIPENDENTE TRA AUTONOMIA E SUBORDINAZIONEdi Maurizio Campagna (1)La qualificazione di un RAPPORTO di LAVORO implica, spesso, un notevole sforzo interpretativo: al vaglio della giurisprudenza, infatti, giungono, sempre pi numerosi, casi concreti riconducibili nella zona grigia compresa tra autonomia e , invece, importante definire con certezza la natura di un RAPPORTO per evitare che le ampie tutele connesse al LAVORO subordinato (ferie, orario di LAVORO , disciplina previdenziale, licenziamenti ) siano estese acriticamente a tutti i lavoratori, anche, quindi, a coloro che non versano nella condizione di debolezza di un prestatore realmente i casi di difficile interpretazione pi ampiamente discussi, si consideri, ad esempio, quello dei medici di medicina generale: questi professionisti esercitano la loro professione in studi medici privati e gestiscono autonomamente molti aspetti della loro prestazione di LAVORO .

2 Tuttavia, devono garantire obbligatoriamente alcuni servizi alla cittadinanza assistita. Si tratta di medici legati all Azienda Sanitaria da una convenzione, di professionisti che contribuiscono al consumo di risorse dell Azienda come un qualsiasi centro di costo (ad esempio, la spesa farmaceutica determinata anche dalle scelte dei MMG); tuttavia, i medici di famiglia non sono dipendenti dal ma lavoratori autonomi dottrina, per il caso dei MMG e per altri simili di incerta qualificazione, ha elaborato, dunque, la categoria della parasubordinazione, una sorta di terza via, tra il LAVORO autonomo e quello subordinato. L utilit di questa terza categoria discussa e non unanimemente subordinazione, tuttavia, non significa solo tutela per il lavoratore: il datore di LAVORO , infatti, dispone di ampi poteri, diretti o indiretti, conformativi della prestazione dei suoi giurisprudenza, allora, di fronte a casi di difficile qualificazione, la cui natura non sia immediatamente identificabile, procede con la ricerca di alcuni indici di subordinazione, la presenza dei quali permette di concludere che il RAPPORTO oggetto di analisi di LAVORO subordinato e non, invece, autonomo.

3 Uno di questi indici, costituito dall eterodirezione, vale a dire dalla possibilit del datore di LAVORO di conformare la prestazione del collaboratore mediante ordini estrinseci o manifestazioni indirette di comando che, comunque, siano concretizzate in manifestazioni sensibili: non solo ordini verbali, dunque, ma anche circolari, direttive, documenti interni, linee guida aziendali lo stesso metodo d indagine, vale a dire la ricerca degli indici di subordinazione, al RAPPORTO di LAVORO di un MEDICO DIPENDENTE , dottrina e giurisprudenza, sono giunte a conclusioni interessanti circa la natura della prestazione: pur essendo DIPENDENTE , un MEDICO conserverebbe sempre e comunque la sua autonomia professionale all interno della struttura e nei confronti dei suoi dirigenti responsabili (ex primari, oggi dirigenti di struttura).

4 Dal 1999 in poi, anche il legislatore sembra aver, finalmente, recepito gli insegnamenti dottrinali e giurisprudenziali, disegnando un nuovo sistema di relazioni tra il vertice dei reparti ospedalieri e gli altri dirigenti: il primario sembra aver perso definitivamente tutto il potere conformativo del LAVORO dei medici assegnati al reparto che, oggi, sono lavoratori professionalmente autonomi ( L attivit dei dirigenti sanitari caratterizzata, nello svolgimento delle proprie mansioni e funzioni, dall autonomia tecnico professionale [..] art. 15, Disciplina della dirigenza medica e delle professioni sanitarie, 502/1992 e successive modifiche)Secondo la dottrina,il RAPPORTO di LAVORO di un MEDICO DIPENDENTE pu essere scorporato in due ben distinti sotto-rapporti ; nel primo, definito ippocratico, il MEDICO l interlocutore del paziente, mentre nel secondo del suo datore di LAVORO , sia esso un ente pubblico (ASL, ) o un soggetto privato.

5 Se tentassimo di rinvenire, nei due rapporti, gli indici della subordinazione, per giungere ad una sicura qualificazione della prestazione nel suo complesso come LAVORO subordinato, ci troveremmo di fronte all evidenza che indici tra i pi comuni, come l eterodirezione, non sono rinvenibili nel RAPPORTO definitoippocratico: il legame tra MEDICO e paziente sarebbe, infatti, una relazione fiduciaria non interessata da interventi conformativi dall esterno. La specificit della medicina e la rilevante autonomia professionale del MEDICO non lascerebbero spazio all eterodirezione, se non intesa come possibilit di regolazione della prestazione, da parte del datore, sulla base delle sole esigenze della struttura che egli rappresenta. Nella parte puramente intellettuale della prestazione medica, nella diagnosi e nell interpretazione del caso, stando alla lettera della legge, non possono, dunque, ammettersi, in nessun caso, interventi conformativi di esterni, anche nell ipotesi in cui le direttive provengano dal responsabile della struttura (primario).

6 La diagnosi, infatti, costituisce la sintesi della scienza medica e discende dalle conoscenze del professionista, ma, soprattutto, dalla sua personale capacit di rielaboraree valutare i dati offerti dalla clinica. Queste operazioni, evidentemente, sono puramente intellettuali e, pertanto, personali ed eventuale controversia sul risultato di una diagnosi, incorsa, ad esempio, tra un dirigente di struttura complessa (ex primario) e un dirigente MEDICO , non dovrebbe risolversi e concludersi all interno di un RAPPORTO gerarchico; dovrebbe concludersi, invece, in un senso o in un altro, sulla base di parametri che nulla hanno a che vedere con la gerarchia: la bont di una tesi dovrebbe essere valutata sulla base della dottrina scientifica, sugli studi condotti e pubblicati su casi simili; la soluzione dovrebbe, pertanto, essere concordata, discussa, concertata tra pari, senza imposizioni.

7 La nuova disciplina della dirigenza medica e le conclusioni di dottrina e giurisprudenza, rendono possibile affermare che le diagnosi e le altre attivit ad alto contenuto professionale del MEDICO non possono pi essere imposte dall elevatissima autonomia professionale dei medici, non a caso, indagata dalla dottrina aziendalisticacome uno dei pi rilevanti problemi di gestione del personale nelle aziende sanitarie: con il passare del tempo, stato sempre pi difficile mantenere i medici ospedalieri all interno dei rigidi schemi gerarchici elaborati dal legislatore per disciplinare i rapporti di LAVORO all interno degli enti ospedalieri. Il processo di aziendalizzazione, avviato dalle riforme dell inizio degli anni Novanta, ha ingigantito i contrasti tra i vertici amministrativi delle aziende sanitarie e la parte medica, ma ha anche inasprito i rapporti all interno delle strutture operative stesse.

8 Lo sviluppo in senso aziendalistico della sanit italiana, generalmente frainteso,almeno in molti dei suoi fondamenti teorici, ha inasprito la tensione professionale all interno delle strutture sanitarie ponendo il manager di fronte al problema di gestire un organizzazione complessa e altamente professionale, difficilmente governabile. Il ragionamento condotto fin qui deriva dalle conclusioni di dottrina e giurisprudenza del LAVORO : tuttavia, non escludo che l essere possa rivelarsi ben lontano dal dover essere e che, nella realt , le cose siano molto diverse!Una prassi sempre pi diffusa in ambito ospedaliero, ma non solo, potrebbe, per , far giungere a conclusioni lontane dal riconoscimento e dalla tutela dottrinale e giurisprudenziale dell autonomia professionale dei medici: il riferimento ai protocolli ospedalieri e alle linee guida.

9 Chi si avvicini al mondo MEDICO con il metodo di indagine proprio del diritto del LAVORO , potrebbe sospettare che protocolli e linee guida, siano essi adottati e definiti internamente da una struttura ospedaliera o, invece, elaborati da prestigiose societ scientifiche di settore, costituiscano, in realt , dei comandi tangibili rivolti ai professionisti. L interesse intorno all argomento crescente e sufficientemente indagato nell ambito delle problematiche legate alla responsabilit professionale del MEDICO . Un MEDICO che non abbia seguito i protocolli o le linee guida adottate ufficialmente in un reparto potrebbe veder aggravata la propria posizione nelle sedi giudiziarie nel caso in cui si verifichino incidenti o eventi avversi. Molto probabilmente la presenza di un protocollo adottato ufficialmente generer un ulteriore onere gravante sul professionista: il dover fornire, cio , adeguata motivazione dello scostamento dal documento.

10 Non questa la sede per indagare l assetto della responsabilit medica. Dal punto di vista giuslavoristico non ci sono risposte soddisfacenti al quesito iniziale: e, cio , se i protocolli siano da considerarsi dei comandi tangibili o, almeno, delle direttive che concretizzino l eterodirezione. Un interpretazione in grado di salvaguardare l autonomia professionale dei medici potrebbe essere quella di considerare i protocolli elaborati ed adottati da un quipe di un reparto, come direttive che l quipe da a se stessa, direttive che non sono imposte dall alto, ma sono, invece, elaborate tra pari. In ogni caso, sar il MEDICO , in piena autonomia, ad interpretare il caso concreto e a ritenerlo come aderente ai casi astratti che sono compresi nel protocollo: il professionista dovrebbe, comunque, conservare il potere di non aderire al documento fornendo, per , adeguata motivazione.


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