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“La vecchiaia è bella, peccato che duri poco”. - unife.it

La vecchiaia bella, peccato che duri poco . (Giovanni Brera) NOME E COGNOME: GERUNDA MARGHERITA MATRICOLA: 099226 ANNO ACCADEMICO: 2010/2012 STRUTTURA OSPITANTE: CMR CENTRO MEDICO DI RIABILITAZIONE SETTORE: SANITARIO Descrizione della struttura Ho svolto il mio tirocinio formativo presso il CMR, Centro Medico di Riabilitazione, struttura situata nella localit balneare di Marina di Ginosa in provincia di Taranto. Il CMR una clinica ad indirizzo riabilitativo facente parte della Federazione Europea Riabilitazione e Sport(FERS). E strutturata su quattro piani, tre dei quali occupati dai reparti di degenza e il restante piano da una grande palestra, una piscina riabilitativa e gli ambulatori specialistici e diagnostici, che forniscono consulenze ed esami ad ampio spettro, sia in campo ortopedico e neurologico, sia in campo cardio-respiratorio.

nome e cognome: gerunda margherita matricola: 099226 anno accademico: 2010/2012 struttura ospitante: cmr – centro medico di riabilitazione settore: sanitario

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1 La vecchiaia bella, peccato che duri poco . (Giovanni Brera) NOME E COGNOME: GERUNDA MARGHERITA MATRICOLA: 099226 ANNO ACCADEMICO: 2010/2012 STRUTTURA OSPITANTE: CMR CENTRO MEDICO DI RIABILITAZIONE SETTORE: SANITARIO Descrizione della struttura Ho svolto il mio tirocinio formativo presso il CMR, Centro Medico di Riabilitazione, struttura situata nella localit balneare di Marina di Ginosa in provincia di Taranto. Il CMR una clinica ad indirizzo riabilitativo facente parte della Federazione Europea Riabilitazione e Sport(FERS). E strutturata su quattro piani, tre dei quali occupati dai reparti di degenza e il restante piano da una grande palestra, una piscina riabilitativa e gli ambulatori specialistici e diagnostici, che forniscono consulenze ed esami ad ampio spettro, sia in campo ortopedico e neurologico, sia in campo cardio-respiratorio.

2 Le due unit operative principali sono quelle di recupero e riabilitazione funzionale e pneumologia per acuti e riabilitazione pneumologia. E difficile cominciare dall inizio (1) Il primo giorno ho avuto paura. Non avevo mai operato all interno di questo settore ed ero timorosa di non essere all altezza della situazione, in seguito a quanto mi avevano raccontato circa il lavoro che si svolgeva all interno della clinica. Il mio tutor, una persona stupenda, disponibilissima e gentilissima, mi ha subito affiancata ad un ausiliario socio-sanitario che mi ha mostrato ogni singola zona della struttura e il reparto in cui avrei trascorso praticamente tutta l estate. Terzo piano. Reparto di pneumologia. Venti posti letto, tutti occupati. Facemmo un giro generale delle stanze in modo tale che potessi associare i volti dei pazienti ai nomi scritti sulle cartelle cliniche. Prima stanza: un uomo costretto a letto, pieno di piaghe su gambe e braccia, il signor Giovanni, che due infermieri stavano cambiando in quel preciso momento.

3 Non era certo un immagine che si vedeva tutti i giorni, ma ho fatto finta di non essere impressionata e ho proseguito. Seconda stanza: una donna obesa, la signora Felicetta, che non riusciva nemmeno a girarsi sul fianco. Muoveva a malapena la testa e giratasi verso di me mi disse Buongiorno dottoressa . Terza stanza: la signora Giorgini, che tutti chiamavano Giorgi, tracheostomizzata. E cos via per tutte le altre camere. Finito il giro l ausiliario, notando la mia faccia un po spaventata mi disse di stare tranquilla, che non avrei dovuto fare prelievi o cambiare cateteri. Dovevo stabilire un contatto con quelle persone, regalare loro un sorriso, perch quel posto non era solo medicine e punture ma soprattutto amore e voglia di aiutare le persone in difficolt . Sei qui per imparare disse, e cos mi infilai il camice ed iniziai quella nuova avventura. Il mio primo incarico fu quello di assistere il signor Giovanni, praticamente il primo paziente che avevo conosciuto.

4 Dovevo farlo mangiare e stare con lui nel caso avesse avuto bisogno di qualcosa. Col passare dei giorni, grazie all aiuto degli infermieri, imparai a lavarlo e cambiarlo. Quel lavoro mi iniziava a piacere. Se lavoro poteva definirsi. Era un piacere, non un obbligo, aiutare quell uomo, contrariamente alle mie aspettative e a quelle di tutti coloro i quali mi avevano detto che non avrei sopportato a lungo la permanenza in quell ambiente. E mi piaceva perch non solo stavo imparando a fare cose che non avrei nemmeno lontanamente pensato di poter fare, ma soprattutto perch ero felice del rapporto che si stava instaurando col paziente. Quando i suoi problemi respiratori glielo permettevano e non era troppo affaticato, il signor Giovanni mi raccontava tantissime cose: mi parlava della sua vita, di quando era al militare, dei suoi nipotini e di quello che sarebbe nato a breve. E quando finiva di parlare porgeva mille domande sulla mia.

5 E io rispondevo, terminando ogni frase con un sorriso, ma non perch mi era stato detto di farlo, semplicemente perch era un piacere parlare mentre dall altra parte c era un interlocutore davvero interessato a quello che dicevo. Sono stata con lui per un mese, tutti i giorni. Ed stato uno dei momenti pi belli di questo tirocinio quando, entrando un giorno nella sua stanza, era seduto su una poltroncina, e non a letto, e portandosi il cucchiaio alla bocca mi disse sorridendo che finalmente dopo tanto tempo era riuscito a mangiare senza che qualcuno lo imboccasse, ma disse anche di sedermi vicino a lui in modo tale da aiutarlo nel momento in cui ne avesse avuto bisogno. Gli infermieri mi avevano detto che il signor Giovanni era felice di stare con me, perch gli stavo vicino in ogni momento e lo aiutavo a fare qualsiasi cosa desiderasse. Ero confortante , mi disse, perch il mio sorriso gli rendeva la giornata pi allegra.

6 Era la mia prima piccola grande vittoria ed ero sempre pi convinta del fatto che quella sarebbe stata un esperienza meravigliosa. I giorni passavano, i nonnini , come li chiamavo io si affezionavano sempre pi a me. E io sempre pi a loro. Ogni mattina, appena arrivavo in clinica, gli infermieri mi dicevano di andare a far visita ad alcuni pazienti che avevano chiesto di vedermi. Io per puntualmente facevo il giro di tutte quante le camere, ogni giorno. E mentre il tempo passava io imparavo sempre pi cose di quel mondo. Cos lavavo i pazienti, li vestivo, li facevo mangiare, li massaggiavo, accompagnavo nella palestra riabilitativa sulla sedia a rotelle chi non poteva camminare, o semplicemente passeggiavamo nella hole o nel giardino della clinica, e ogni passo era accompagnato da una storia sempre nuova..un anima grande per una grande (2) Ormai quella clinica era diventata la mia seconda casa.

7 Non solo per tutto il tempo che ci passavo, non solo perch mi sentivo come la nipotina di tutti gli anziani in riabilitazione, ma soprattutto per il fatto che ogni singola persona in quel posto, dottore, ausiliario o addetto alle pulizie che fosse, mi faceva sentire a mio agio. Personalmente credevo sarebbe stato difficile conquistare la simpatia e soprattutto la fiducia del personale, ma gi dal primo giorno, questa mia convinzione stata smentita dal fatto che tutti quanti mi hanno dimostrato di essere delle persone stupende, non soltanto dal punto di vista professionale, ma soprattutto umano. Dato che ero la persona pi giovane ad operare nella clinica, all inizio tutti credevano che non ce l avrei fatta a sopportare le pressioni che inevitabilmente c erano in quell ambiente, e pensavano anche che non avrei trovato la pazienza necessaria per restarci, ma col passare del tempo diventai un po la mascotte di quella squadra tanto unita e tanto orgogliosa del proprio mestiere.

8 Con gli infermieri e gli ausiliari si creato fin da subito un rapporto bellissimo. Mi hanno sempre trattata come una figlia o una sorella pi piccola, mi hanno aiutata a superare qualsiasi difficolt , mi hanno insegnato qualsiasi cosa si potesse imparare l dentro. Ed io, grazie alla loro gentilezza, non mi sono mai sentita la tirocinante , ma una di loro, ed ero felice perch attraverso quello che mi avevano insegnato, ho potuto fornire tutto l aiuto che potessi dare, ho cercato in tutti i modi di rendermi utile cosicch che, svolgendo i miei compiti avrei potuto contemporaneamente aiutare chiunque mi avrebbe chiesto una mano. Volevo essere brava come quei tenaci lavoratori, perch personalmente non avevo mai conosciuto delle persone cos professionali ma allo stesso tempo stupende e disponibili come loro. Sicuramente risaputo che lavorare nel campo di assistenza e cura agli anziani un compito abbastanza difficile, ma non si pu realmente conoscere questa difficolt fino a quando non ci si avventura in questo mondo.

9 Solo chi costantemente a contatto con questa realt pu capire quanto in verit sia difficile, delicato ma anche soddisfacente questo lavoro. La figura impegnata in questo campo, infermiere o assistente che sia, oggi cambiata, sia a livello di formazione, che di capacit richieste sul lavoro, capacit che devono necessariamente e costantemente adattarsi a dei bisogni sempre nuovi, soprattutto se si considera che la popolazione anziana in continuo aumento e costituisce circa il 18% della popolazione totale italiana e determina il 37% dei ricoveri ospedalieri ordinari ed il 49% delle giornate di degenza e dei relativi costi stimati. Come dimostra il grafico, l indice di dipendenza degli anziani da altre persone salito negli ultimi vent anni, ma tender a raddoppiare entro il 2050. (3) Per cui, bisogna avere conoscenze basilari non solo in campo medico ma principalmente in quello psicologico, in modo da carpire quanto pi possibile dalla relazione col paziente, al fine di poter soddisfare i suoi bisogni e non semplicemente assisterlo e curarlo meramente dal punto di vista medico.

10 Il male, molte volte non solo fisico. soprattutto psicologico, per cui bisogna in tutti i modi cercare di scoprire cosa realmente affligge l anziano e liberarlo dalle sue preoccupazioni in modo tale che possa vivere il resto della sua vita nella maniera pi serena possibile. La maggior parte delle volte, il problema principale di questa gente la solitudine. Le persone che dovrebbero accudire e stare vicino ai loro cari molto spesso sono assenti, e questo crea gravi problemi all anziano gi provato dall et . Per cui si verificano casi di malattie che sono in realt psicosomatiche: molte volte anche delle semplici frustrazioni quotidiane possono avere effetti sulla funzionalit immunitaria. Sono state condotte in Italia alcune ricerche che dimostrano quanto questo problema sia presente all interno delle famiglie: solo una percentuale bassissima (pari a circa il 10%) intrattiene dei rapporti costantemente e strettamente ravvicinati con i propri parenti anziani.


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