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Gli enzimi 1 - Zanichelli

1 CAPITOLO1 Gli e caratteristicheGlienzimirappresentano la classe di proteine pi numerosa; il loro numero, infatti, assai elevato, stimabile tra 10 000 e 20 000 e sembra destinato ad aumentare. Questemacromolecole possiedono la specifica funzione di rendere pi veloci le innumerevo-li reazioni chimiche che si sviluppano all interno o all esterno delle cellule dell orga-nismo, senza consumarsi o alterarsi in modo irreversibile nel corso delle stesse; ven-gono infatti definiticatalizzatori biologici. Essi sono costituiti daproteine globulariidrosolubili, con peso molecolare variabile da circa 10 000 a oltre 1 000 000 di Daltone, in quanto tali, possono essere purificati e caratterizzati (figura ). Possono esserecostituiti da una sola catena polipeptidica o da pi catene unite fra loro da lega-mi generalmente deboli. Alcuni enzimi sonoproteine semplici, altri invece sonoproteine coniugate(lipoproteine, glicoproteine, metalloproteine ecc.)

sito attivo. La specificità del legame che avviene fra l’enzima e il substrato dipende dalla precisa disposizione degli atomi del sito attivo. Ne consegue che, per adattarsi a tale sito, il substrato deve possedere una forma appropriata. Nel 1890 il chimico tedesco Emil Fischer (1852-1919) coniò la metafora della «chiave

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1 1 CAPITOLO1 Gli e caratteristicheGlienzimirappresentano la classe di proteine pi numerosa; il loro numero, infatti, assai elevato, stimabile tra 10 000 e 20 000 e sembra destinato ad aumentare. Questemacromolecole possiedono la specifica funzione di rendere pi veloci le innumerevo-li reazioni chimiche che si sviluppano all interno o all esterno delle cellule dell orga-nismo, senza consumarsi o alterarsi in modo irreversibile nel corso delle stesse; ven-gono infatti definiticatalizzatori biologici. Essi sono costituiti daproteine globulariidrosolubili, con peso molecolare variabile da circa 10 000 a oltre 1 000 000 di Daltone, in quanto tali, possono essere purificati e caratterizzati (figura ). Possono esserecostituiti da una sola catena polipeptidica o da pi catene unite fra loro da lega-mi generalmente deboli. Alcuni enzimi sonoproteine semplici, altri invece sonoproteine coniugate(lipoproteine, glicoproteine, metalloproteine ecc.)

2 Gli enzimisono localizzati in aree precise all interno delle cellule a seconda della loro funzio-ne: alcuni sono liberi nel citoplasma, altri sono situati nei mitocondri o costituisco-no parte integrante delle membrane cellulari. Negli organismi pluricellulari pu avvenire che certi enzimi vengano sintetizzati in tessuti diversi da quelli sui qualipoi opereranno: ne sono un esempio gli enzimi digestivi prodotti come proenziminel pancreas e utilizzati successivamente a livello intestinale. Alcuni enzimi , poi,hanno un importante funzione strutturale, come nel caso della ATPasi miosinica,presente nelle miofibrille del tessuto muscolare, un importante enzima che consen-te la contrazione muscolare in presenza di brevemente le principali caratteristiche degli enzimi : devono essere presenti ed efficaci anche se inpiccole quantit ; alla fine della reazionenon devono risultare modificatie, quindi, devono esserepronti per essere riutilizzati; non devono influenzare l equilibrio di una reazione chimica reversibile.

3 La lorofunzione infatti solo quella di rendere pi veloce (talora fino a 1016volte) il pro-cesso in entrambe le direzioni, modificando il tempo necessario per il raggiun-gimento dell equilibrio chimico. Tale equilibrio, infatti, pu essere raggiunto inpresenza o in assenza di catalizzatori, siano essi sostanze organiche o inorganiche; devono mostrare un certo grado dispecificit , a volteassoluta, altre volterelativa,a seconda che si leghino con un solo tipo di molecola oppure con un numero dicomposti limitato, ma non , un esempiodi enzima a strutturaproteica di approfondire la trattazione di questi concetti, forniamo di seguito alcuneindispensabili molecole che si legano all enzima, delle quali l enzima catalizza la trasformazio-ne, sono generalmente di natura organica e vengono dettesubstrati, prima dellareazione, eprodotti, dopo la attivo l area sulla superficie dell enzima dove si lega il substrato per effet-tuare la catalisi a prodotto.

4 Questa zona, spesso paragonata a una tasca, in generedi dimensioni assai caso in cui gli enzimi siano proteine coniugate, la parte proteica del comples-so viene dettaapoenzima, mentre quella non proteica (molecole, ioni organici oinorganici ecc.) si dicecofattore. L insieme dell apoenzima e del cofattore vienedettooloenzima. Il cofattore, indispensabile affinch l enzima possa svolgere lasua funzione catalitica, pu cambiare il nome incoenzima, quando una mole-cola organica particolarmente complessa, oppure viene dettogruppo prosteticoquando risulta legato all apoenzima in modo assai stabile, in genere con dettizimogeni oproenzimialcuni enzimi sintetizzati dalla cellula informa inattiva e successivamente trasportati nei distretti dove devono agire. Quivengono modificati chimicamente e trasformati nelle forme attive. questo il casodi numerosi enzimi digestivi (figura ).

5 Internazionale (UI) di enzima definita come la quantit di enzimache catalizza la conversione di 1 mole (10 6moli) di substrato a prodotto in unminuto, a 25 C e a pH ottimale per quell definisceattivit specificadi un enzima il numero di UI di enzima per mil-ligrammo di proteina (UI/mg), esprime cio la concentrazione (purezza) di unenzima in un della reazione catalizzata dall enzima corrisponde al numero di moli diprodotto che si formano nell unit di tempo, cio in un efficienza catalitica di un enzima misurata dal suonumero di turnover oat-tivit molecolareche esprime il numero di molecole di substrato di cui una mo-lecola di enzima catalizza la trasformazione nei prodotti nell unit di tempo e incondizioni di reazioni al microscopioelettronico a scansione(SEM) di cellulepancreatiche, coloratein verde per mostrare inuclei e in rosso i granulidi zimogeno.

6 Gli enzimidigestivi sono secretisotto forma di granuli eraggiungono l intestinotenue attraverso i enzimi1La scoperta degli enzimiSin dall antichit gli uomini erano in gra-do di sfruttare l attivit degli enzimi , peresempio producendo il formaggio dal lattegrazie al caglio, l enzima rennina presentenello stomaco dei ruminanti. Per intuire eidentificare la presenza di queste molecolenei processi di trasformazione come la casei-ficazione, la fermentazione o la digestione,sono stati tuttavia necessari gli interventi dimolti studiosi che hanno permesso di com-prendere la vera identit di queste nel XIX secoloLouis Pasteur(1822-1895)infigura A, celebre chimico e biologo fran-cese considerato il padre della microbiologia, ipotizz chenelle cellule di lievito fossero presenti quelli che lui chia-m fermenti , responsabili delle capacit fermentativedei lieviti.

7 Questa intuizione lo port ad affermare che la fermentazione alcolica un processo correlato con lavita e l organizzazione delle cellule di lievito e non con lamorte e la putrefazione delle cellule stesse .Di l a poco, nel 1878, supponendo che tali sostanze fos-sero in effetti contenute solo in questi organismi, il fisio-logo tedescoWilhelm K hne(1837-1900) coni per esse iltermine enzima (dal grecoe n z m o, nellievito).Nel 1897 il chimico tedescoEduard Buchner(1860-1917) studi le zimasi, enzimi di lievi-to in grado di condurre fermentazione al difuori delle cellule che le avevano prodotte;grazie a questa scoperta, ottenne dieci annidopo il Premio Nobel per la 1946 il Premio Nobel fu conferito inveceai tre americaniJames Sumner(1887-1955),chimico,John Howard Northrop(1891-1987), biochimico, eWendell MeredithStanley(1904-1971), biochimico e virologo,per aver cristallizzato diversi enzimi (ureasi, catalasi, pep-sina, tripsina e chimotripsina), dimostrandone la 1965, infine, il biofisico ingleseDavid Chilton Phillips(1924-1999)

8 E il suo gruppo portarono a termine la cristal-lizzazione del lisozima tramite cristallografia a raggi loro lavoro fece da innesco per la biologia strutturale,branca della biologia molecolare che studia l architetturae la morfologia di macromolecole biologiche come protei-ne e acidi ALouis equilibrio chimicoUnareazionesi definiscecompletaquando tutti i rea-genti si trasformano interamente nei prodotti. Se iprodotti possono riconvertirsi nei reagenti si parla direazionereversibile, in caso contrario si ha una reazioneirreversibile. Poich le reazioni reversibili tendono a ridaresempre i reagenti dai prodotti e viceversa, esse non vannomai a completamento. Quando per la velocit di reazio-ne diretta e quella inversa si eguagliano, esse si assestanosu unequilibrio di reazione dinamicodove i reagenti e iprodotti sono contempo-raneamente presenti inconcentrazioni costanti,spesso dipendenti da con-dizioni ambientali comela reazioni sono rappre-sentate da una doppiafreccia() chimico franceseClaudeLouis Berthollet(1748-1822) formul la reazionegenerica che definisce l e-quilibrio chimico:aA bBcC dDE++dove: a,b,c edrappresentano il coefficiente stechiometrico; A eBrappresentano i reagenti.

9 C eDrappresentano i la velocit di reazione netta pari a zero siamoall equilibrio e, a temperatura costante, si pu ricavare lacostante di equilibrioKche indica il rapporto fra le con-centrazioni di prodotti e reagenti, ognuna elevata al pro-prio coefficiente stechiometrico:[ ][ ][ ][ ]KABCD abcd=Ogni reazione ha unaKspecifica e misurabile per ognitemperatura. L equilibrio della reazione, per , pu essereperturbato da fattori esterni, come appunto la variazionedi temperatura, di pressione o di concentrazione di rea-genti e prodotti, e la reazione pu quindi spostarsi versodestra o verso sinistra. Ilprincipio di Le Ch telier, formu-lato nel 1884 dal chimico franceseHenri Louis Le Ch telier(1850-1936) infigura Ae valido per i sistemi in equilibrio,afferma che ogni sistema tende a reagire a una modificaimpostagli dall esterno diminuendone gli AHenri Louis LeCh sito attivoIlsito attivooccupa una parte relativamente piccola del volume totale della molecolaenzimatica ed costituito tridimensionalmente da gruppi chimici di aminoacidi ap-partenenti a parti diverse della proteina globulare.

10 A seguito delfoldingdella protei-na, questi residui vengono quindi a trovarsi funzionalmente vicini, pur essendo col-locati in posizioni anche molto distanti nella struttura primaria. Il legame con il sub-strato avviene attraverso una serie di attrazioni deboli che permettono la formazionedel complessoenzima-substrato(ES). I siti attivi sono costituiti da una specie di ca-vit o fenditura, la cui natura apolare favorisce il legame con il substrato; in partico-lari condizioni, tuttavia, anche residui polari possono contribuire alla formazione delsito attivo . La specificit del legame che avviene fra l enzima e il substrato dipendedalla precisa disposizione degli atomi del sito attivo . Ne consegue che, per adattarsi atale sito, il substrato deve possedere una forma 1890 il chimico tedescoEmil Fischer(1852-1919) coni la metafora della chiavee serratura per spiegare in modo semplice,ma lineare, le relazioni strutturali fra substra-to ed enzima (figura ).


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